La pazienza
Da questo tavolino d’osteria
ti scriverò due righe.
E’ caldo fuori.
L’estate brucia fuochi nei canali
e avvampa moscerini in nuvolaglie.
Scorre rovente quasi sangue l’acqua
e fuma di vapori, come nebbia.
Un pergolato è l’ombra delle ciglia
e il buio è la frescura del locale.
Ti scriverò da dove sto seduto,
riprenderò pi๠tardi la mia strada.
La quiete di quest’ora e la pazienza
si addicono al mio modo di pensare.
Mi ha levigato il tempo come un sasso
e fatto bianco, come una conchiglia.
Anche la voce si è mutata un poco;
parlo pi๠adagio e quando ascolto taccio
e se rispondo è quasi sottovoce.
L’estate della vita accende fuochi
e grida forte nelle discussioni
urlando per avere la ragione.
L’autunno invece ha voci silenziose,
ama la quiete e il sussurrare piano.
Adesso che avrei tempo per parlarti
non so pi๠dire ascoltami, ti prego.
Così ti scrivo, ti ho già scritto a lungo.
Io mi soffermo ancora un po’,
perdona
se questa sera tarderò un istante.
Vedo l’uscita non lontana.
In fondo
davanti a me ho soltanto poca strada.
Rodolfo Vettorello – Milano
Donna a San Servolo
Sono lamento trapassato nel silenzio
E ricettacolo di voci di ogni cosa,
perciò non so parlare.
Sono frammento di cento cieli e vento
in un grembo che non può generare:
moltiplicati i sensi, spezzata la misura.
Ho ritmi molli come il tempo
che nell’ora della notte si rifrange,
sono acqua che batte sempre uguale
e dondola le pietre nel bacino.
Chi scioglierà i ricordi
chiusi nella mente ad aspettare?
Sono barca abbandonata
o pietra preziosa che riluce
perduta in fondo al mare.
Chiara Pinton – Mira (VE)
Inganno
Il sorriso
mi trasse in inganno
l’incontro
ci fa a volte scordare.
Rimane
amaro e cocente
il dolore
di un abbraccio da niente.
Giulia Vannucchi -Viareggio (LU)